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Niko Romito, coraggio e tradizione

In occasione dell'apertura di "ALT - Stazione del Gusto", Buonissimo ha intervistato lo chef Niko Romito per parlare della sua carriera e di come si è evoluto negli anni il linguaggio della sua cucina. 

Niko Romito

Cuoco autodidatta profondamente legato al suo territorio, l’Abruzzo, Niko Romito inizia il suo percorso a Rivisondoli, nell’ex pasticceria di famiglia, trasformata negli anni in un vero e proprio ristorante. Attraverso una ricerca incessante, con un innovativo e personale approccio imprenditoriale, Romito ha percorso la strada dell’essenzialità, dell’equilibrio e del gusto.

Nel 2000 apre il suo primo ristorante nella trattoria di famiglia a Rivisondoli e solo sette anni dopo conquista la prima stella Michelin, che lo ha proiettato nell’elite della ristorazione mondiale. Nel 2011 il ristorante Reale viene trasferito a Casadonna, un ex monastero del ’500 a Castel di Sangro, a pochi chilometri da Rivisondoli. Dopo un attento restauro, Casadonna diventa una struttura ricca di arte e bellezza, una casa bianca ed elegante dedicata all’accoglienza: ristorante, suites e la scuola di cucina che porta il suo stesso nome, Accademia Niko Romito.

Al ristorante Reale sono state riconosciute oggi le tre stelle Michelin, oltre ai prestigiosissimi 5 cappelli per la Guida Ristoranti de L’Espresso, le 3 forchette per la Guida Ristoranti d’Italia del Gambero Rosso ed ha conquistato addirittura il 16esimo posto nella classifica The World’s 50 Best Restaurants.

In pochi anni Niko Romito è riuscito a creare un linguaggio gastronomico incisivo e personale, oltre ad un sistema complesso in cui coesistono alta cucina e format di ristorazione diffusa, come il nuovo store "ALT – Stazione del Gusto", una collaborazione tra Enilive e Accademia Niko Romito che propone un menu dalla colazione alla cena, con un’offerta gastronomica da gustare al tavolo, in un’atmosfera informale e accogliente, oppure da asporto.

E proprio in occasione dell’apertura di "ALT – Stazione del Gusto", Buonissimo ha intervistato lo chef Niko Romito per parlare della sua carriera e di come si è evoluto il linguaggio della sua gastronomia. 

Eni Alt Niko Romito

Niko Romito, si definisce spesso un cuoco autodidatta: come è nata la passione che l’ha poi resa uno dei punti di riferimento dell’alta gastronomia italiana e internazionale?
Volevo fare il broker finanziario e studiavo economia a Roma. Mi interessavano i numeri, ma sono cresciuto tra la pasticceria di mio padre e la seguente trattoria. Quando poi lui all’improvviso ci ha lasciati, con Cristiana, mia sorella, che studiava lingue, abbiamo deciso di gestirla noi per un po’ prima di cederla. In realtà poi non abbiamo più smesso di prenderci cura di quella trattoria e con tanta ostinazione e determinazione siamo arrivati a quello che siamo oggi.

Quest’anno celebra 24 anni di carriera nel fine dining, i premi e i riconoscimenti sono numerosissimi. Quale ha segnato maggiormente la strada verso quello che l’ha reso il Niko Romito di oggi?
Sicuramente la prima stella Michelin arrivata a Rivisondoli, in quella stessa trattoria che nel frattempo avevamo trasformato in un ristorante "coraggioso" per il contenuto dei piatti e l’approccio generale. In un paese di 500 abitanti, 20 anni fa circa, c’è voluto coraggio e tanta forza per restare concentrati sull’obiettivo. Che poi è lo stesso atteggiamento che ancora oggi ho in tutto quello che faccio.

In un momento storico in cui la sostenibilità è al centro dell’agenda e del dibattito, in che direzione si sta muovendo la cucina del futuro?
Posso dire in che direzione sta andando il mio lavoro. In questi ultimi 20 anni ho continuato a credere fortemente nel mio territorio che ho scelto come quartier generale dei progetti e della mia creatività gastronomica, che vengono studiati e messi a terra qui per poi svilupparsi nel resto d’Italia e del mondo. E con questa idea, che parla soprattutto di ricerca, approccio tutti i progetti. Dalla creazione di un menù totalmente vegetale, alla produzione di un biscotto da mangiare a casa, passando per la formazione, che è a mio parere la migliore forma di sostenibilità, umana e di conseguenza ambientale, sociale, gastronomica.

Ci racconta che cos’è ALT e come è nata questa idea?
ALT nasce nel 2018 dall’idea di dare ai viaggiatori e alle persone in transito su strada un posto dove rigenerarsi per una sosta piacevole e mangiare un cibo semplice ma buono, a qualunque ora della giornata. Un invito a fermarsi insomma, da cui anche il nome del progetto. Pane, polpette, zuppe e insalate, pollo fritto, dolci da forno. Un’offerta facile, quasi domestica ma con dentro un contenuto di ricerca, il mio, sulla trasformazione degli alimenti e la standardizzazione delle ricette. Dalla prima apertura a Castel di Sangro ho sempre desiderato che ALT potesse diventare un format, perché ne aveva le peculiarità sia gastronomiche che di modello. E ho continuato a lavorare su protocolli e metodo per dargli una cornice. Diversi mesi fa poi ho avuto il piacere di interloquire con Enilive, la società di Eni dedicata ai prodotti e ai servizi per la mobilità, che ha creduto fortemente in questo format di ristorazione su strada. Ed è nata la partnership tra Enilive e la mia Accademia Niko Romito per lo sviluppo del progetto e del modello imprenditoriale.

Ha definito ALT come un progetto pensato per parlare di cibo a più persone possibile. Come si è evoluto oggi il linguaggio della gastronomia?
Da anni mi impegno perché i risultati della ricerca che posso svolgere per l’alta cucina escano dalle mura del mio ristorante stellato. Non solo per i miei diversi format di ristorazione che vogliono democratizzare il buon cibo, come ALT, ma anche per progetti che abbiano una ricaduta ancora maggiore in termini di persone raggiungibili. La ristorazione collettiva, ad esempio. Sono convinto che le conoscenze del cuoco di oggi devono essere messe al servizio di altri campi del sapere per una vera e propria rivoluzione del cibo. È indispensabile collaborare con i medici, gli scienziati, i nutrizionisti, gli industriali e i decisori pubblici: bisogna ripensare il sistema e bisogna farlo insieme. Non possiamo pensare al futuro senza questa sinergia di conoscenze.

Accademia Niko Romito è invece un progetto rivolto ai più giovani. Che consiglio sente di dare – il più sincero possibile – a chi desidera fare questo lavoro?
L’Accademia nasce dal desiderio di creare una scuola che avesse un’offerta formativa innovativa, che potesse dare delle risposte nuove ai giovani di oggi.  Una scuola che sapesse trasmettere le tradizioni ma che insegnasse anche ad attualizzarle; una scuola che non fosse dogmatica, ma che trasmettesse ai ragazzi un approccio alla materia, una visione, più che un insieme di "assiomi" della cucina. Essere un cuoco autodidatta mi ha dato una grande libertà di pensiero, ma mi è anche costato molta fatica e molti sacrifici. E avere determinazione, metterci impegno e andare in profondità è ciò che posso suggerire ai giovani. Credere nel proprio lavoro, non mollare e non arrendersi nei momenti di difficoltà.

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