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26 dicembre a cucchiaiate: le minestre che raccontano il vero sapore di Santo Stefano

A Santo Stefano è tradizione portare in tavola le minestre, due su tutte: la celebre maritata napoletana e la stracciatella romana.

Gustosa zuppa con sfondo di luci natalizie 123rf
Gustosa zuppa con sfondo di luci natalizie

In tutta Italia, Santo Stefano è la giornata che, gastronomicamente parlando, viene dedicata agli avanzi. Solitamente, i fornelli vengono accesi solo per riscaldare le pietanze della Vigilia e di Natale e per preparare le minestre tipiche del 26 dicembre, due su tutte. Ma, perché in questa particolare festività si portano in tavola brodi più o meno ricchi?

Perché si mangiano le minestre a Santo Stefano?

Mentre la Vigilia è di magro e Natale è all’insegna della carne e dell’abbondanza, il 26 dicembre è il giorno dedicato al riciclo. In tutta Italia si portano in tavola gli avanzi dei banchetti precedenti: dai fritti alle lasagne, passando per gli arrosti, il baccalà e ogni altra prelibatezza natalizia. C’è solo una preparazione che, seppur con qualche variante regionale, accomuna gli italiani a Santo Stefano: la minestra.

Qualcuno sostiene che, dopo le abbuffate, un sano brodino sia obbligatorio, ma non possiamo fare a meno di sottolineare che questi piatti sono tutt’altro che leggeri. Dai cappelletti in brodo alla minestra maritata, passando per la minestra verde: sono tutti squisiti, ma mai dietetici. Pensiamo, ad esempio, alla zuppa alla santè tipica del Molise, a base di scarola, polpettine di carne, formaggio filante e pane raffermo.

Insomma, a Santo Stefano, come in tante altre occasioni, la leggerezza delle minestre è solo una scusa. Si portano in tavola perché "è tradizione", poi se qualcuno crede che siano anche dietetiche magari lo fa per sentirsi meno in colpa delle abbuffate natalizie.

Minestra fumante con camino acceso sullo sfondo 123rf

Minestra fumante con camino acceso sullo sfondo

La minestra maritata

Se ancora non credete che le minestre di Santo Stefano siano tutt’altro che leggere, pensate alle varianti più famose d’Italia. Una su tutte: la cosiddetta maritata tipica di Napoli e di tutta la Campania. In questa minestra, le verdure (fino a 15 varietà diverse) si sposano alla perfezione con la carne, per un risultato a dir poco squisito.

Ogni famiglia ha la sua ricetta, ma in linea di massima la minestra maritata si fa con: brodo di carne (gallina, pollo o maiale), verza, bietole, scarola, cicoria, sedano, carota, cipolla, guancia e orecchio di maiale, costine di maiale, lardo, salsicce, osso di prosciutto, croste di parmigiano e caciocavallo. Qualcuno, poco prima di portare il piatto in tavola, aggiunge pane tostato o piccoli triangoli di polenta fritta.

La cottura è lenta, circa quattro ore a fiamma dolce, così da consentire a tutti gli ingredienti di amalgamarsi alla perfezione.

La stracciatella romana

Un’altra delle minestre più cucinate a Santo Stefano è la stracciatella romana. Perfetta per riciclare il brodo della Vigilia o di Natale, prevede l’aggiunta delle uova sbattute, che non devono strapazzarsi ma solo "stracciarsi", formaggio grattugiato, noce moscata e buccia di limone grattugiata.

A differenza della minestra maritata, che ha una lunga cottura, la stracciatella si prepara in un batter d’occhio. Se si ha il brodo già pronto, non bisogna fare altro che sbattere le uova con il formaggio e gli aromi, versarla nel liquido caldo e attendere circa 1 minuto e 30 secondi. Qualcuno arricchisce il piatto romano con semolino o pan grattato.

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