Cosa ci fa un cobra dentro un liquore? Storia e curiosità di una bevanda particolarissima
Il liquore con un cobra dentro è sicuramente tradizionale, ma le tecniche di produzione sono inaccettabili per un paese civile.

Se andate in Giappone, specialmente nella zona di Okinawa, e vi offrono un bicchiere di habushu ragionateci bene prima di accettare perché si tratta di un liquore con un cobra all’interno. Sì avete letto bene: nella bottiglia c’è proprio un rettile, intero, con la bocca spalancata. Gusti a parte, magari a qualcuno può anche piacere, la preparazione del distillato è da film horror.
Che cos’è l’habushu?
Sicuramente se parliamo di bevande giapponesi, la prima che viene in mente è il sakè. Eppure, in Giappone con questo termine si indicano le bibite alcoliche in generale, mentre quella derivante dalla fermentazione del riso che ormai beviamo anche in Italia si chiama nihonshu. Sottigliezze linguistiche a parte, vogliamo parlare di un’altra specialità del Sol Levante: l’habushu, conosciuto al di fuori dei confini nazionali come il liquore con il cobra.
Tipico della prefettura di Okinawa, è un distillato che si ottiene "affogando" al suo interno un serpente, solitamente un habu, una vipera velenosa endemica del territorio. La sua nascita è ancora oggi poco chiara, ma molte leggende collegano questo liquore a vecchie credenze terapeutiche. Secondo la tradizione, infatti, alcune parti del rettile servivano per curare malattie fisiche e mentali, per cui si pensava che immergendolo in una bevanda le sue proprietà curative aumentassero.
Questa diceria si è diffusa soprattutto per quel che riguarda le problematiche che coinvolgono la sfera sessuale, impotenza in primis, in quanto l’habu è capace di accoppiarsi per un periodo di 26 ore. Ancora oggi, il suo consumo viene collegato alla virilità, ma ci teniamo a sottolineare che non ci sono riferimenti scientifici in merito.
Per quanto riguarda gli ingredienti, cobra a parte, l’habushu si ottiene a partire dall’awamaori, un distillato a base di riso Indica di origine thailandese e del fungo koji nero fermentato.
Bottiglia di habushu con il serpente al suo interno
Una produzione da film horror
Nella zona di Okinawa, il liquore con il cobra è sacro. È un simbolo culturale a cui i locali tengono molto e, nonostante non sia buono né tantomeno particolarmente profumato, sono pronti a berlo pur di potenziare la propria virilità. Non vi rinunciano neanche i produttori, che pur di preparare la bevanda rischiano la vita. L’habu, infatti, ha un morso mortale e il suo veleno è altamente tossico.
Pur volendo rispettare le tradizioni altrui, però, non possiamo fare a meno di parlare delle terribili tecniche di produzione dell’habushu. Partendo sempre da una base di awamaori, bisogna immergere il rettile vivo nella bottiglia e chiuderlo al suo interno, non prima di aver legato un filo alla sua bocca per tenergli le fauci ben spalancate e le zanne in bella vista. Forse è anche inutile sottolinearlo, ma lo facciamo ugualmente: il serpente muore per annegamento, tra atroci sofferenze.
Pensate che questo è il metodo più delicato e meno gettonato. Molto produttori, infatti, preferiscono un’altra tecnica, ancora più spietata, che a detta loro consente di ridurre l’odore particolarmente pungente del liquore. L’habu viene prima immerso nel ghiaccio, così da fargli perdere i sensi, poi viene sventrato e ricucito. Tutto questo mentre è ancora vivo. Quando rinviene, muore velocemente tra sofferenze inimmaginabili.
A prescindere dalla tecnica che si sceglie, dopo l’immersione del serpente nell’awamaori, la bevanda viene lasciata macerare per un periodo di tempo variabile, che può andare da alcuni mesi a diversi anni. Durante questo ‘riposo’, l’habu rilascia nel liquido alcune delle sue sostanze, tra cui enzimi e amminoacidi, che danno al distillato un particolare sapore amaro, speziato ed erboso e un aroma pungente, che forse è quasi impossibile definire piacevole.

















