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Le cose più strane che puoi mangiare in Italia

Tra nomi ingannevoli e altri dialettali, ecco alcuni piatti davvero insoliti da assaggiare almeno una volta nella vita per apprezzare davvero la varietà della gastronomia italiana

Moeche veneziane

Italia terra di santi, poeti, navigatori e buongustai. In uno degli ultimi censimenti della Coldiretti che risale al 2017 si stimano più di cinquemila specialità alimentari della tavola italiana, un record mondiale per varietà e ricchezza del nostro patrimonio alimentare. Un bene comune che raggiunge il suo primato con pani, pasta e dolci e trova delle peculiarità regionali assolutamente uniche, in alcuni casi davvero bizzarre.

7 cibi italiani davvero strani che forse non conoscevi

Casu franzigu

Vi diranno che è "il formaggio più pericoloso del mondo" e che la sua produzione e commercializzazione sono vietate per il mancato rispetto delle corrette norme igienico-sanitarie, ma il Ministero delle politiche agricole lo ha inserito tra i prodotti agroalimentari tradizionali (PAT) con deroga rispetto a questi punti. Le sue forme cilindriche sono ottenute da latte di pecora intero di razza sarda e la sua principale caratteristica sono le larve all’interno.

Sanguinaccio

Di tradizione contadina, questo dolce tipicamente meridionale un tempo veniva preparato con mescolando cioccolato e sangue di maiale fresco in occasione del periodo di Carnevale. Dal 1922 è vietata la vendita del sangue di maiale per il rischio di infezioni e la versione odierna continua a essere scura e cremosa semplicemente grazie all’aromaticità del cioccolato fino a ottenere una crema liscia e setosa dove pucciare le frappe.

Coglioni di mulo

Un nome certamente irriverente per un tipico salume umbro realizzato e venduto nella città di Norcia con spalla e pancetta di maiale. Il nome non deve trarre inganno: è dovuto alla particolare forma ovale dell’insaccato composto con carne magra e al centro un lardello di grasso di maiale.

Stigghiola

Con questo piatto voliamo direttamente in Sicilia, in particolare nel palermitano, dove le budella di agnello o di pecora sono uno dei simboli della cucina povera e di recupero. Le budella si presentano arrotolate intorno al cipollotto e cucinate sulla brace o alla griglia, ideale anche come cibo da passeggio.

Moeche

In dialetto veneziano significa "morbide" e proprio questa caratteristica è la vera essenza del piatto lagunare che ha anche un suo Presìdio Slow Food. Si tratta di granchietti pescati con un procedimento molto antico e unico in tutta Italia e selezionate dai cosiddetti "moecanti". Si mangiano fritte con la polenta, nei cartocci in versione street food oppure lesse condite con aglio, olio e prezzemolo.

Cibreo

Questo piatto è uno dei pilastri della gastronomia toscana, un’antica preparazione a base di rigaglie di pollo di cui pare andasse ghiotta anche Caterina de’ Medici. Il cibreo è ancora nei menu fiorentini, un secondo a base di creste, fegatini, bargilli, cuore arricchito con uova, brodo di carne e salvia.

Sfratto dei Goym

Senza spostarci di regione, questo dolce rappresenta il punto di congiunzione tra la cucina ebraica e quella maremmana e non a caso viene consumato durante il Capodanno ebraico che cade proprio nel mese di settembre. Più comunemente chiamati sfratti, la parola goym, indica i non ebrei che, andando oltre le tradizioni, consumano questo dolce ricco e calorico a base di frutta secca, miele, noce moscata, scorza di arancia e vini nei forni di Pitigliano e Sorano. Ribattezzato come la Piccola Gerusalemme, lo sfratto è diventato Presìdio Slow Food.

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