Ma è proprio vero che il caffè aumenta la concentrazione?
Tra caffè e concentrazione c'è un legame che è impossibile negare, ma allo stesso tempo sono necessarie alcune precisazioni.

In Italia il caffè è un rito a cui difficilmente si riesce a rinunciare. Non soltanto per quello che rappresenta in sé e per il valore sociale, ma anche per motivi medici più o meno attendibili. Tra questi ce n’è uno che vede l’espresso strettamente collegato a maggiori livelli di concentrazione, ma la realtà è un tantino diversa.
Il legame tra caffe e concentrazione
Amaro o zuccherato, macchiato con un po’ di latte o corretto con un liquore all’anice: in Italia abbiamo tanti modi di bere il caffè (e altrettanti miti da sfatare). Ogni bar ha una ricetta alternativa, diversa dal solito, che custodisce come un tesoro, ma in questa sede è un altro il legame che vogliamo analizzare: quello tra l’espresso e la concentrazione.
Vi sarà sicuramente capitato di bere un caffè in un momento di profonda stanchezza e ritrovare subito le energie. Non è stata una vostra impressione, a confermare l’effetto stimolante della caffeina sono numerosi studi. Stando all’ultima revisione dei lavori a oggi presenti in letteratura pubblicata sul New England Journal of Medicine, bevendo le giuste dosi di espresso si può ridurre l’affaticamento, accorciare i tempi di reazione, aumentare la memoria a lungo termine e la vigilanza.
Quindi sì, tra caffè e concentrazione c’è un legame, ma questo non significa che bevendo tante tazzine al giorno si mantiene il cervello giovane e si gode di ottima salute. Come sempre, se di mezzo c’è un abuso ogni beneficio, a prescindere dalla sostanza in ballo, è pressoché vano. Poi, bisogna anche sottolineare che il suo effetto dipende da diversi fattori, tra cui la dose, la tolleranza individuale e la frequenza di consumo.

Tazzina vetro di caffe espresso che esce dalla macchinetta
Quanti caffè al giorno si possono bere?
Gli esperti non hanno alcun dubbio: il caffè fa bene a tante cose, ma non bisogna mai abusarne. Nel caso della concentrazione, ad esempio, berne diverse tazzine per rimanere lucidi, magari perché si deve terminare un lavoro, può essere utile, ma non è questo l’atteggiamento quotidiano con cui si può combattere la stanchezza. In altre parole, la caffeina è di grande aiuto, tuttavia niente e nessuno potrà mai prendere il posto delle ore necessarie di sonno di cui l’essere umano ha bisogno per ricaricarsi.
Come hanno confermato gli studiosi nell’ultima revisione pubblicata sul New England Journal of Medicine, il caffè è benefico soltanto se assunto in dosi moderate. In linea di massima, un adulto sano può bere fino a 4, massimo 5 tazzine di espresso al dì (entro i 400 milligrammi il consumo è ritenuto sicuro). Seppure abbia un effetto stimolante, non si può assolutamente pensare che aumentando le quantità si ottenga una maggiore o potenziata attività del cervello.
Per comprendere il perché dobbiamo pensare che la caffeina e l’adenosina (neurotrasmettitore responsabile della stanchezza e del rallentamento dell’attività cerebrale) hanno una struttura simile, ma agiscono da antagonisti. Nel momento in cui l’adenosina inizia a farsi sentire, bevendo un espresso si va a bloccare la sua attività sul cervello e, allo stesso tempo, si stimolano le funzioni cognitive.
Si tratta, però, di un beneficio temporaneo, che non può essere alimentato a suon di tazzine di caffè. Invece, per quanto riguarda i possibili effetti positivi su malattie come il morbo di Parkinson, l’Alzheimer o la demenza senile, sono necessari altri studi per poter cantare vittoria.