Cacio e pepe significa identità: perché Roma non perdona la ricetta sbagliata della BBC
Bastano due ingredienti fuori posto per far scoppiare il caso: la BBC riscrive la cacio e pepe e Roma insorge. Ecco cosa c'è dietro la polemica

Non è una semplice svista e non è nemmeno una variante creativa: quello che è accaduto nei giorni scorsi ha tutta l’aria di un passo falso pesante, capace di toccare un nervo scoperto della cultura gastronomica romana. Perché quando si parla di cacio e pepe, ogni dettaglio conta, e basta poco (pochissimo) per scivolare dal piatto alla polemica. E infatti… così è successo.
Una ricetta, pubblicata nientemeno che dalla BBC, ha acceso un caso che non ha nulla a che vedere con la leggerezza delle note estive. Si potrebbe dire che la forchetta è affondata nel piatto sbagliato, e che la nostra capitale Roma ha reagito con fermezza. E la verità è che c’è davvero poco di cui stupirsi.
La gaffe della BBC
Tutto è iniziato con una ricetta apparsa il 2 agosto (ora corretta) sul sito BBC Good Food, oggi noto semplicemente come Good Food, una delle piattaforme culinarie più seguite nel Regno Unito. All’apparenza, l’inclusione della Cacio e pepe sembrava un’ottima idea, un tributo alla cucina italiana (forse spinto anche dal boom recente del piatto in altri luoghi del mondo). Ma, purtroppo, l’elenco degli ingredienti parlava chiaro. C’erano gli spaghetti, c’era il pepe nero e poi… parmigiano e burro.
Nessun accenno al pecorino romano, nessuna attenzione alla tradizione che quel piatto incarna: con grande convinzione (e non poca superficialità) la ricetta si presentava come una guida facile e veloce per ottenere una pasta cremosa all’italiana, convincente per chi non ha mai gustato il piatto ma inaccettabile per chi, invece, conosce e ama la cucina romana. Così, la pubblicazione non è passata inosservata.
Il fatto che una testata con radici nella BBC, emblema dell’informazione britannica, si permettesse di attribuire a quella miscela il nome di cacio e pepe ha sollevato non solo dubbi, ma vere e proprie reazioni istituzionali. Un conto è proporre una variazione, un altro è travisare un piatto simbolo e presentarlo come autentico. Soprattutto quando si parla di una ricetta che, nella sua essenzialità, ha fatto della purezza un manifesto.
Le reazioni romane
La risposta non si è fatta attendere. Il 6 agosto, a poche ore dalla circolazione della ricetta incriminata, è intervenuta Fiepet-Confesercenti Roma: il presidente Claudio Pica, portavoce dei ristoratori romani e figura autorevole nel mondo dell’enogastronomia laziale, ha denunciato pubblicamente l’episodio, definendo l’articolo «una distorsione grave» e chiedendo una rettifica immediata. Non solo: la segnalazione è arrivata anche all’Ambasciata britannica in Italia, come atto formale a tutela del patrimonio gastronomico della città.
Le parole di Pica sono state nette: «Siamo rimasti basiti. Non è accettabile spacciare per cacio e pepe una preparazione che prevede l’uso di burro e parmigiano. È come proporre una carbonara con la panna o un amatriciana senza guanciale». In un’intervista rilasciata a la Repubblica, Pica ha rincarato la dose, sottolineando il rischio che queste "ricette creative" alterino la percezione della tradizione italiana nel mondo, con un danno culturale e commerciale insieme. Secondo il presidente, l’uso di ingredienti impropri non è una leggerezza: è una falsificazione.
La rettifica (e la nuova gaffe)
Sotto la pressione mediatica e diplomatica, Good Food ha riscritto la ricetta inserendo finalmente il pecorino romano grattugiato, eliminando il parmigiano e il burro. Ora il piatto viene presentato con gli ingredienti corretti, almeno sulla carta: pasta, pepe nero, pecorino e acqua di cottura. Ma il cacio e pepe drama non è finito qui: con l’aggiornamento, infatti, è stato introdotto un dettaglio controverso: in una nota finale è consigliato l’uso della double cream (panna fresca ad alta percentuale di grassi) per "facilitare l’emulsione della salsa".
La scelta ha deluso chi ha sostenuto la rettifica. La panna è sempre (giustamente) vista come un’indebita semplificazione che stravolge l’equilibrio del piatto, tradizionalmente costruita solo con acqua di pasta e formaggio, senza alcun grasso estraneo. Questa aggiunta, implicitamente suggerita per "chi ha difficoltà", è stata considerata da molti come una un ennesimo sgarbo. Infatti, il risultato è una versione tecnicamente corretta ma eticamente ambigua, che non convince i puristi.
Una questione di identità
Per chi non la conosce a fondo, la cacio e pepe può sembrare solo una pasta semplice, essenziale, con pochi ingredienti. Ma per chi la vive da dentro, per chi la prepara ogni giorno con gesti precisi e memoria viva, è molto di più. È un pezzo di Roma, della sua storia popolare, della sua fierezza. Non si tratta solo di cucina, ma di appartenenza. Toccare quella ricetta significa toccare una lingua, un codice, un modo di stare al mondo che ha resistito al tempo e alle mode proprio perché non ha mai avuto bisogno di altro se non di sé stessa.
Claudio Pica l’ha detto chiaramente: «La cacio e pepe non si tocca. Non è solo una ricetta, è identità». E il caso BBC ha riportato alla luce una verità che spesso si dimentica: certe tradizioni non hanno bisogno di essere reinventate, ma riconosciute. Perché è nella fedeltà a ciò che siamo che la cucina trova il suo valore più profondo. E se Roma non perdona, non è per rigidità, ma per amore.