Il calore delle feste è tutto qui: perché cucinare a Natale è così importante?
Il vero senso del cucinare a Natale non è collegato solo alla necessità di portare del cibo in tavola: di mezzo c'è un bisogno psicologico che molti ignorano.

Natale è la festa della famiglia per eccellenza, una delle poche occasioni in cui ci si ritrova tutti insieme allo stesso tavolo. Forse è proprio questo il senso del cucinare, il motivo che ci spinge a passare tante ore in cucina e a fare il possibile affinché i piatti vengano perfetti. Tuttavia, c’è qualcosa di più profondo alla base.
Qual è il senso del cucinare a Natale?
Dicembre è il mese dell’anno che ci vede passare più tempo in assoluto a mangiare. Aperitivi, pranzi e cenoni si susseguono come se non ci fosse un domani e ogni occasione è buona per sedersi a tavola a banchettare. Ma il cibo non è soltanto un pretesto per stare insieme, deve esserci per forza un senso più profondo se passiamo ore e ore a cucinare e ci malediciamo se una ricetta non viene come dovrebbe.
A Natale mangiamo di più ed è stata la scienza a spiegarci perché, ma cosa ci spinge a trascorrere tanto tempo ai fornelli? Sicuramente, la tradizione e il fatto che sia un momento di condivisione, di appartenenza e di scambio è la molla che fa scattare tutto, ma bisogna scavare ancora un po’.
Durante le feste di dicembre, tutti avvertono una specie di bisogno psicologico che spinge a ricercare calore e abbondanza. Magari qualcuno nemmeno se ne rende conto, ma questa esigenza passa soprattutto per il cibo. Quanti hanno avuto la fortuna di crescere con le nonne di un tempo, ricorderanno senz’altro qual era il loro modo di esprimere affetto: preparare qualche prelibatezza e offrirla ai nipoti, che ai loro occhi apparivano "sciupati" pure quando non lo erano.
Madre, nonna e figlia cucinano insieme a Natale
I ricordi del Natale
A Natale, la cucina si trasforma in una sorta di laboratorio in cui tutti, a patto che non siano di intralcio, sono ammessi. Cucinare insieme è un modo per raccontarsi e, perché no, ricordare momenti passati. Qualche volta scappano risate, altre lacrime, ma il potere della "memoria" unisce come non mai.
I ricordi, com’è normale che sia, passano anche per i piatti che si portano in tavola. Il 24, il 25 e il 26 dicembre si consumano soprattutto cibi della tradizione, ricette che sono state tramandate di generazione in generazione e ci riportano alla mente odori, profumi, attimi di vita belli e brutti. Ed è proprio questo carico emotivo che ci spinge a trascorrere ore e ore a cucinare, a fare il possibile affinché le portare risultino perfette.
È anche questo il motivo per cui, rispetto ad altri periodi dell’anno, dedichiamo più tempo ai piatti da portare in tavola, magari curando pure la mise en place. Non prepariamo soltanto un cibo, diciamo grazie a quanti ci hanno insegnato il valore della condivisione e dello stare insieme e proviamo a rievocare ricordi nei cuori dei commensali che li hanno dimenticati.
Un’ultima precisazione è d’obbligo. Non bisogna mai dimenticare che a Natale si consumano prelibatezze diverse dal solito, ricette tipiche di questo periodo dell’anno. Ciò contribuisce a rendere ancora più speciali i banchetti, ma dà anche una responsabilità maggiore agli chef di turno.

















