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Un acino per ogni mese: la storia del rito che promette fortuna e prosperità

Il rito dei 12 acini d'uva a Capodanno viene dalla Spagna e promette fortuna e prosperità, ma solo se si esegue nel modo corretto.

Uva scura con gocce d'acqua scintillanti poggiate su un ricco velluto nero 123rf
Uva scura con gocce d'acqua scintillanti poggiate su un ricco velluto nero

Se sognate che il nuovo anno sia ricco di fortuna e prosperità, dovete assolutamente mangiare 12 acini d’uva. Un vero e proprio rito, da compiere rigorosamente a partire dagli ultimi dodici secondi dell’anno vecchio, portato in Italia dai fratelli spagnoli che lo praticano da più di 100 anni.

Il rito dei 12 acini d’uva a Capodanno

A Capodanno, anche le persone più scettiche del mondo si lasciano andare a qualche rito scaramantico. C’è chi non si siede a tavola se non vede almeno un piatto di lenticchie, chi indossa solo ed esclusivamente biancheria rossa e chi si prepara al brindisi di fine anno con grande solennità. In mezzo a tanti riti, da qualche anno anche in Italia è parecchio gettonato quello dei 12 acini d’uva.

Si tratta di una tradizione presa in prestito dalla Spagna, chiamata las doce uvas de la suerte, che tradotto in italiano significa i dodici chicchi della fortuna. Negli ultimi dodici secondi dell’anno vecchio, ossia durante il classico countdown della Nochevieja, si mangia un acino d’uva per ogni secondo, che equivale a uno per ogni mese del prossimo anno.

I 12 chicchi rappresentano i 365 giorni a venire e il gesto di mangiarli, a detta di quanti credono nel rito, consente di ottenere un pizzico di fortuna e prosperità in più, nonché di allontanare il male.

Bicchiere di champagne con 12 acini d'uva su sfondo natalizio 123rf

Bicchiere di champagne con 12 acini d’uva su sfondo natalizio

Las doce uvas de la suerte: la tradizione spagnola

Secondo alcune fonti, il rito las doce uvas de la suerte è nato intorno al 1895, ma si è diffuso in tutta la Spagna nel 1909. Si racconta che nel mese di dicembre di quell’anno, alcuni viticoltori di Alicante, col fine di vendere più quantità d’uva della vendemmia, misero in giro la voce del "potere" dei 12 acini.

All’epoca, la scaramanzia era una questione seria e la popolazione abboccò facilmente. Così, il rito della Nochevieja si sparse in tutto il Paese e, pian piano, anche oltre i confini nazionali. Secondo un’altra teoria, las doce uvas de la suerte è nato nell’800, a Madrid, come gesto di protesta contro il trattamento della classe dirigente verso i contadini.

Non sappiamo quale sia la tesi corretta, ma il 31 dicembre del 1882, a Madrid, una protesta c’è stata per davvero. Un gruppo di madrileños, in risposta a una tassa del sindaco sulle feste di piazza per l’Epifania (la cosiddetta Notte dei Re Magi), si riunì al centro della Puerta del Sol per mangiare uva e brindare, satirizzando i festeggiamenti di Capodanno dell’alta società.

I giornalisti dell’epoca diedero grande risalto alla cosa e la tradizione las doce uvas de la suerte si è diffusa in tutto il Paese. Resta il fatto che oggi, i dodici acini vanno mangiati uno dietro l’altro, seguendo i rintocchi dell’orologio sulla cima di Puerta del Sol a Madrid.

Le critiche al rito

La tradizione dei 12 acini d’uva a Capodanno non è stata immune alle critiche, specialmente da parte degli ecologisti. Il motivo è presto detto: fino al 2023, in Spagna i chicchi venivano venduti già sporzionati, sbucciati e privati dei semini, in sacchettini di plastica pronti all’uso.

Fortunatamente, il governo spagnolo ha messo fine a questo inutile spreco, che comportava più packaging, plastica, carta ed energia, ma in altre zone del mondo, America Latina in primis, l’uva e altre tipologie di frutta o verdura vengono ancora commercializzate in confezioni "mini".

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