Quali sono i veri principi per cui stabiliamo che alcuni cibi sono disgustosi?
Fare una lista dei cibi disgustosi è semplice, ma perché alcuni amano determinati cibi e altri li odiano? Di mezzo ci sono fattori fisici, psicologici e culturali.

Tutti, chi più e chi meno, hanno una lista di cibi disgustosi che non mangerebbero nemmeno sotto tortura. Magari, qualcuno ha piatti in comune con altre persone, mentre altri non amano alimenti che la quasi totalità della popolazione mondiale reputa vere e proprie prelibatezze. Com’è possibile? Di mezzo ci sono fattori fisiologici, psicologici e perfino culturali.
Come nasce il disgusto?
Dal formaggio con i vermi alla trippa, passando per i nervetti e le lumache: ci sono cibi che qualcuno ama alla follia, ma che altri reputano disgustosi. Allontanandoci per un attimo dall’Italia, pensiamo agli insetti, tipici della gastronomia di diverse zone del mondo, come l’Asia e l’Africa. Quanti di noi sarebbero disposti a mangiarli? Pochi, se non pochissimi. Probabilmente, qualcuno non riesce a reggere neanche i filmati in cui sono altre persone a consumarli.
È chiaro, quindi, che il piacere è assolutamente soggettivo. D’altronde, la frase "De gustibus non disputandum est" non è nata a caso. Tuttavia, è bene sapere che ognuno di noi reputa stomachevoli o meno determinati cibi per un mix di fattori fisiologici, psicologici e culturali. Innanzitutto, è doveroso sottolineare che il disgusto è considerato una delle sei emozioni fondamentali dell’essere umano, insieme a gioia, tristezza, sorpresa, rabbia e paura.
Secondo gli esperti, il disgusto ha lo stesso scopo della paura: salvarci da ciò che è potenzialmente letale o velenoso per l’organismo. Al contrario, il gusto ha la funzione di farci apprezzare ciò che nutre e, di conseguenza, mantiene in vita. Potremmo quasi dire che si tratta di vero e proprio istinto di sopravvivenza, lo stesso che in parte ci accomuna agli animali.
Il gusto, ovviamente, è strettamente collegato alle papille gustative della lingua e del palato. Queste, sia per distribuzione che per sensibilità, variano da persona a persona, pertanto ognuno può valutare in modo diverso gli alimenti. Ed ecco spiegato perché, a livello "fisico", alcuni amano certi cibi e altri li reputano vomitevoli.
Diversi tipi di formaggio
I condizionamenti psicologici e culturali
Appurato che il disgusto non è uguale per tutti, c’è un altro dato biologico che vale la pena sottolineare. La soglia della sua percezione varia anche in base al sesso e all’età. I bambini, ad esempio, la hanno molto alta, motivo per cui si schifano facilmente, mentre negli anziani è piuttosto bassa. Poi, bisogna prendere in considerazione pure le differenze genetiche, per cui ci sono persone che percepiscono più di altre e viceversa.
Spostandoci dal piano fisico a quello psicologico, si apre un mondo. Ognuno ha un proprio vissuto fatto di gioie e dolori, traumi in più e traumi in meno, e talvolta un determinato alimento può diventare il peggiore nemico da combattere a causa di condizionamenti nati nella primissima infanzia. Non a caso, esistono tantissime fobie, manie e ossessioni che riguardano il cibo. Pensiamo, ad esempio, alla turofobia, ossia la paura del formaggio, oppure alla lachanofobia, cioè il timore di frutta e verdura.
Infine, ci sono i condizionamenti culturali. Così come in Sardegna è assolutamente normale mangiare il formaggio con le larve di mosca (il discusso casu marzu), oppure volendo citare un cacio più comune in tutta Italia tipo il gorgonzola, in Cambogia è altrettanto naturale consumare le tarantole alla griglia. Eppure, è assai probabile che i cambogiani non mangerebbero neanche sotto tortura il gorgonzola ed è quasi certo che gli italiani abbiano lo stesso rifiuto per le tarantole.

















