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6 falsi miti sul latte da sfatare per non rinunciare alla sua bontà

Il latte fa male al cuore? Aumenta il rischio di tumori? Da adulti è meglio non berlo? Scopri le fake news su questo alimento e qual è la verità.

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Nutriente, ottimo da solo a colazione o a merenda e ingrediente per moltissime ricette, dai dolci ai frullati, fino a salse come la besciamella e secondi piatti di carne come i bocconcini di pollo: è il latte, alimento completo essenziale nella dieta dei più piccini ma anche in quella dei grandi. A dispetto di molte false credenze che lo vorrebbero controindicato negli adulti e responsabile di tante patologie anche gravi. Qual è la verità? Il latte fa bene o è nocivo? Meglio evitarlo o approfittare della sua bontà per preparare tanti piatti gustosi? Scopriamolo sfatando 6 falsi miti su questa bevanda e sui suoi derivati.

Bere latte da adulti non è naturale e fa male

È convinzione comune che il latte sia un alimento riservato ai bambini: berlo da adulti sarebbe, quindi, non solo innaturale – chi lo pensa adduce come prova il fatto che l’uomo sia l’unico animale che continua a consumarlo dopo lo svezzamento – ma anche dannoso per la salute. In realtà, come sottolinea la SIOMMS, Società italiana dell’osteoporosi del metabolismo minerale e delle malattie dello scheletro, nel corso della sua evoluzione l’uomo ha sviluppato la capacità di digerire il latte anche da adulto per assicurarsi un adeguato apporto di calcio e vitamina D, dunque non c’è ragione per rinunciare a questo alimento, anche da grandi, a meno che, naturalmente, non si sia intolleranti.

Il latte è nocivo per il cuore, aumenta il rischio di diabete e fa salire il colesterolo

Un’altra delle fake news sul latte è quella secondo la quale questo alimento, essendo ricco di grassi animali, farebbe ingrassare e aumenterebbe il rischio di malattie cardiovascolari, diabete e ipercolesterolemia. In realtà, sottolinea sempre la SIOMMS, dagli studi disponibili non risulta un’associazione tra consumo di latte e aumento del peso corporeo, del rischio cardiovascolare e dei livelli di colesterolo nel sangue. Come riporta "Nutrienti e Supplementi", una recente review della letteratura scientifica sull’argomento condotta da ricercatori della Diabetologia dell’Università Federico II di Napoli ha evidenziato che un consumo moderato (pari a circa 200 grammi al giorno tra latte, yogurt e formaggi) non comporta un maggiore rischio per la salute del cuore, ha effetti minimi sul peso corporeo e non determina un aumento della pressione arteriosa per le persone adulte senza particolari problemi di salute. Entro questi limiti, anzi, bere latte può addirittura esercitare un effetto protettivo: è stata riscontrata, per esempio, una modesta riduzione dei valori di pressione, glicemia e colesterolo associata al consumo di prodotti lattiero-caseari fermentati, come lo yogurt. Certamente è bene prediligere latte e derivati a basso contenuto di grassi, come il latte e lo yogurt scremati o parzialmente scremati, limitando i formaggi che ne contengono di più, come quelli stagionati.

Troppo latte fa venire i calcoli

Un’altra convinzione diffusa mette sotto accusa il latte perché, con la sua ricchezza di calcio, favorirebbe la formazione di calcoli renali. Anche questa credenza è priva di qualsiasi fondamento scientifico: come fa notare la Siomss, infatti, la calcolosi renale non dipende dalla quantità di calcio assunta con la dieta ma, spesso, da un’eccessiva eliminazione di questo sale minerale con le urine: questa condizione, detta ipercalciuria, porta alla formazione di ossalati di calcio che sono, appunto, all’origine dei calcoli. Non c’è ragione, dunque, per demonizzare il latte e gli altri cibi ricchi di calcio. Al contrario, chi soffre di ipercalciuria dovrebbe fare attenzione a mangiarli a sufficienza perché una dieta povera di calcio determina una maggiore assunzione di questo sale minerale a livello intestinale e, quindi, un aumento del rischio di calcolosi.

Il latte favorisce lo sviluppo dei tumori

Che il latte favorisca lo sviluppo dei tumori è una delle credenze più diffuse e radicate. In realtà, come sottolinea la Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, gli studi finora condotti per individuare un’eventuale associazione tra l’abitudine di consumare latte e derivati e il rischio di neoplasie hanno portato a risultati contraddittori: una panoramica delle revisioni sull’argomento, che ha messo a confronto numerose ricerche sul tema ed è stata pubblicata sulla rivista BMJ Open, ha concluso che la qualità di questi lavori non sia sufficiente per giungere a risposte definitive. Alcuni studi suggeriscono che il latte possa svolgere un ruolo protettivo nei confronti di alcuni tipi di tumore, altri hanno individuato deboli associazioni tra il suo consumo e lo sviluppo di determinate neoplasie, altri ancora non hanno trovato legami significativi. Il Rapporto 2018 su Dieta, nutrizione, attività fisica e cancro pubblicato da World Cancer Research Fund (WCRF), per esempio, analizzando gli studi disponibili ha identificato una probabile riduzione del rischio di tumore del colon-retto associata al consumo di latte e ha rintracciato prove limitate che legano questo alimento a una maggiore probabilità di sviluppare il tumore alla prostata. Complessivamente, conclude l’AIRC, i dati fin qui raccolti non permettono di sostenere che esista una relazione tra consumo di latte e aumento del rischio di neoplasie. In assenza di conclusioni univoche e inoppugnabili, la raccomandazione resta quella di portare in tavola latte e derivati con moderazione, privilegiando quelli a basso tenore di grassi e inserendoli all’interno di una dieta varia, completa e tarata sul proprio fabbisogno di calorie e nutrienti.

Il latte a lunga conservazione è peggiore di quello fresco

Il latte a lunga conservazione subisce un trattamento termico a 135-140 °C (UHT, ovvero Ultra High Temperature) che elimina i patogeni e permette di conservare il prodotto più a lungo. Questa procedura, che non prevede l’aggiunta di additivi, non modifica in maniera significativa il profilo nutrizionale di questo alimento: il contenuto di calcio resta invariato, così come quello di proteine e grassi. Sul fronte delle vitamine, quelle termostabili, ovvero che non vengono danneggiate dal calore, come la D e la E, non subiscono particolari cambiamenti. Gli unici nutrienti sui quali il trattamento UHT può avere un impatto sono le vitamine termolabili, come la C e alcune di quelle del gruppo B (B1, B2, B5, B9 o acido folico). Il latte, tuttavia, non ne è una fonte importante, quindi questa perdita non è rilevante dal punto di vista nutrizionale. Latte fresco e a lunga conservazione, dunque, sono nutrizionalmente equivalenti.

Il latte allevia i sintomi della gastrite

Bevi un bicchiere di latte e addio bruciore di stomaco da gastrite: se soffri di questo disturbo, forse ti sarà capitato di ricevere un consiglio simile. Effettivamente, come chiarisce l’ISS (Istituto Superiore di Sanità), essendo un cibo con pH piuttosto neutro il latte può dare una sensazione di sollievo dall’acidità causata dalla gastrite, tuttavia il rimedio è solo temporaneo. La ricchezza di grassi del latte, infatti, soprattutto di quello intero, rallenta la digestione, facendo sì che lo stomaco resti più a lungo a contatto con i succhi gastrici. Il risultato? Dopo l’iniziale sollievo, i fastidi possono ricomparire. Piuttosto che cercare fantasiose soluzioni alla gastrite bevendo latte, quindi, è bene rivolgersi al medico per farsi consigliare la dieta più adeguata e gli eventuali altri trattamenti utili per contrastarla.

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