I crackers hanno i buchi, ma non tutti sanno cosa sono e a cosa servono
I buchi dei crackers non sono casuali: servono sia a renderli perfetti che a guidare il consumatore nella scelta del prodotto da acquistare.
Croccanti, con o senza sale, perfetti come spezzafame: stiamo parlando dei crackers, inventati più di 200 anni fa negli Stati Uniti d’America. Ma, vi siete mai chiesti perché hanno i buchi? Se fino a oggi pensavate che fossero casuali, oppure una tecnica per renderli più appetibili avete commesso un errore.
Perché i crackers hanno i buchi?
Siamo pronti a scommettere che avete sempre mangiato i crackers, ma non vi siete mai fatti troppe domande sulla loro nascita, oppure sul loro aspetto. Pensate che il primo abbozzo di questa sfoglia croccante è datato 1792, nel Massachusetts, Stati Uniti d’America, quando il fornaio Theodore, pensò di creare una galletta dura per sfamare marinai e soldati. Li chiamò Pearson’s Pilot Bread, ma per molti anni fecero parte solo dell’alimentazione di coloro per cui erano stati creati.
Soltanto nel 1801 iniziarono ad attirare l’attenzione della popolazione, ma il merito non è di Theodore. È stato Josiah Bent, anche lui cittadino del Massachusetts, a renderli simili a quelli che mangiamo oggi, ossia friabili e croccanti. Iniziò proponendoli ai suoi clienti, poi nel 1810 la Nabisco – National Biscuit Company fiutò l’affare e iniziò a produrli in grande quantità, distribuendoli in tutto il Paese.
Ma perché hanno i buchi? Anche questo è merito di Bent. Dopo qualche prova, Josiah si rese conto che bucherellando l’impasto prima di metterlo in forno avrebbe evitato rigonfiamenti e sacche d’aria, ottenendo così una superficie liscia e regolare. I docking holes, in italiano buchi di attracco, oggi vengono realizzati con il roller docker, una specie di mattarello costruito ad hoc.
Un’altra curiosità che vale la pena sapere? La distribuzione dei buchi non è casuale e, anche se pochi lo sanno, aiuta i consumatori a scegliere il prodotto da acquistare. Solitamente, se sono più vicini e fitti significa che i crackers sono più secchi, mentre se appaiono più distanti sono più morbidi. In quest’ultimo caso, però, presentano pure qualche piccola bolla.
Perché si chiama crackers?
I primissimi crackers, che come già detto erano piuttosto duri e per nulla friabili, si chiamavano Pearson’s Pilot Bread. È assai probabile che il nome con cui li conosciamo oggi sia stato scelto proprio da Josiah Bent, che si è fatto ispirare dal "crack" che sentiva mettendo in bocca la sua creazione.
Secondo altre versioni, furono le persone a chiamarli crackers, ovviamente per lo stesso motivo dell’inventore, ossia il rumore che tutti avvertivano quando li mangiavano. Se queste ‘gallette’ fossero state inventate oggi avremmo sicuramente tirato in ballo l’ASMR, ma fortunatamente nel 1800 non si badava a simili sottigliezze.
Non è una semplice "galletta"
In Italia, i crackers sono considerati soprattutto uno spezzafame, una merenda o un sostituto del pane, ma in alcune zone del mondo sono un vero e proprio ingrediente. Pensiamo, ad esempio, alla mock apple pie statunitense, che viene preparata con i ritz o con altri biscotti salati simili alle ‘gallette’ inventate da Bent.
Invece, in New England gli oyster cracker, ossia una variante particolare del prodotto classico, sono uno degli ingredienti cardine della tipica zuppa di ostriche. In tutta l’America, inoltre, vengono utilizzati per creare la base di deliziose cheesecake salate. Che dire, poi, dei Graham crackers? Ideati dal ministro presbiteriano anglosassone Sylvester Graham, sono decisamente più dolci rispetto a quelli a cui siamo abituati noi italiani. È proprio questa sorta di biscotto l’ingrediente base degli s’mores, una specie di panini di cracker con all’interno marshmallow e cioccolata che vengono arrostiti sulle fiamme dei falò. Neanche a dirlo, sono gli snack preferiti dai campeggiatori, scout in primis.