Mangiare frutta secca a Natale è un vero rituale. E ha anche dei motivi, tutti da conoscere
Tra le usanze culinarie di Natale, quella legata alla frutta secca è molto affascinante: è dall'epoca romana che si porta in tavola.
Tra le tante tradizioni culinarie del Natale, quella della frutta secca accomuna tutto il Paese. Un’usanza che è nata ancor prima dei festeggiamenti di dicembre, quando noci, mandorle, nocciole & Co. erano considerati veri e propri dessert, ovviamente destinati soltanto ai banchetti più sontuosi.
Com’è nata l’usanza della frutta secca a Natale?
Negli ultimi anni, il consumo di frutta secca è aumentato significativamente in tutto il mondo. Un tempo si mangiava soprattutto in determinati periodi dell’anno, Natale in primis, ed è proprio su questa usanza che vogliamo concentrarci. Al termine dei banchetti del 24 e del 25 dicembre, oltre a panettoni, pandori e torroni, sulle tavole non possono mai mancare noci, nocciole, datteri e chi più ne ha ne metta.
Per rintracciare le origini di questa tradizione dobbiamo tornare indietro nel tempo, in un’epoca in cui il Natale neanche si sapeva cosa fosse. Molti studiosi concordano nell’affermare che l’usanza risalga ai Romani, che portavano in tavola la frutta secca al termine dei banchetti più raffinati. Non era soltanto una sorta di dessert, un modo degno di concludere un pasto importante, ma anche un simbolo di buon auspicio.
Questo suo ruolo di "porta fortuna" si rintraccia anche in un’altra usanza, quella di spargere gherigli di noce sul pavimento della casa dei novelli sposi. Dall’epoca romana, il consumo di frutta secca è diventato sempre più radicato finendo per fondersi con le usanze cristiane, Natale compreso.
Dall’epoca romana al Natale cristiano
Ci sono diverse tesi che giustificano il consumo di frutta secca nel periodo natalizio, alcune "sentimentali" e altre pratiche. Sicuramente, noci & Co. sono diventati protagonisti delle feste per un motivo legato alla stagionalità della frutta fresca. Un tempo, infatti, era difficile trovarla in inverno, per cui durante la bella stagione si usava essiccarla per poi consumarla nei mesi successivi.
È altresì vero che, in passato, la maggior parte della popolazione era povera e c’era l’usanza di scambiarsi come regalo proprio la frutta secca. Un tempo, mandorle, nocciole e via dicendo erano accessibili a tutti, al contrario di oggi che hanno costi esorbitanti. Questa usanza, se ci pensate, è ancora valida: vi basti osservare i tradizionali cesti alimentari natalizi.
La frutta secca oggi
Oggi, anche se non abbiamo più problemi di reperibilità della frutta fresca, noci & Co. fanno ormai parte della nostra alimentazione, a Natale come negli altri periodi dell’anno. Sono, infatti, ingredienti principali di tanti dolci, tipici sia del mese di dicembre che di altre occasioni di festa: dal torrone al panforte, passando per il panpepato e il croccante.
Non solo preparazioni zuccherine, la frutta secca oggi è entrata a gamba tesa anche nelle ricette salate, come le lasagne al pesto di pistacchi o il vitello in salsa di nocciole. Insomma, versatile lo è, salutare anche (ovviamente a patto che non si esageri con le quantità), quindi perché relegare il consumo a un solo periodo dell’anno? Noci, datteri, mandorle e via dicendo hanno un solo difetto: il prezzo. Il 2025 è stato segnato dai rincari e, secondo le stime, la situazione non cambierà neanche nel 2026. Anzi, è assai probabile che i costi continueranno a lievitare.