Il sapore del cioccolato è irresistibile. E il merito è tutto dei batteri

Non è solo cacao: il carattere del cioccolato prende vita grazie ai batteri che plasmano il gusto, modulando note floreali, fruttate e caramellate

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C’è qualcosa nel cioccolato che sfugge alle spiegazioni semplici. Non basta dire che è dolce, né che contiene cacao di qualità: il suo richiamo è più profondo, quasi misterioso, capace di catturare i sensi e trasformare un morso in un’esperienza unica. Da secoli ci chiediamo perché il cioccolato sia così buono, ma la risposta non è mai stata davvero completa.

Il punto è che il segreto non si trova solo nei chicchi di cacao. Dentro quelle fave, in un processo invisibile e vitale, si nasconde un alleato insospettabile: un mondo fatto di microrganismi minuscoli, instancabili, che lavorano in silenzio per costruire aromi e sfumature. Prima di arrivare alla nostra tavoletta preferita, il cioccolato attraversa una trasformazione che non ha nulla di scontato.

Lo studio sul sapore del cioccolato

A rivelarlo è stato un recentissimo studio.  L’obiettivo dei ricercatori che lo hanno svolto era ambizioso: capire come nasce davvero il sapore del cioccolato e individuare i fattori che lo rendono più complesso e piacevole. Per farlo, un team dell’University of Nottingham ha scelto di osservare da vicino la fermentazione delle fave di cacao in tre diverse regioni della Colombia, Santander, Huila e Antioquia, collaborando direttamente con i coltivatori locali.

Come spiega la ricerca, pubblicata su Nature Microbiology, gli studiosi hanno monitorato i parametri fondamentali della fermentazione, come il pH e la temperatura, scoprendo che le variazioni di questi indici si intrecciano direttamente con i cambiamenti del seme e con le sfumature aromatiche che si svilupperanno poi nel cioccolato.

Hanno analizzato i microrganismi presenti grazie a tecniche di metagenomica e metabolomica, riuscendo così a osservare come le diverse specie microbiche si susseguono e interagiscono durante il processo. Per verificare i risultati, è stato creato in laboratorio un consorzio microbico definito, una sorta di "comunità di batteri e funghi" selezionata per replicare ciò che accade naturalmente sul campo.

I campioni ottenuti sono stati poi testati sia con analisi chimiche sia attraverso panel sensoriali, confermando che era possibile riprodurre gli aromi tipici del cosiddetto fine flavour chocolate. Lo studio ha così acceso i riflettori su un passaggio che finora era rimasto troppo poco raccontato: la fermentazione. È qui che prende forma la magia del cioccolato, e senza di essa non avremmo la stessa complessità né la stessa ricchezza di gusto.

Il ruolo di funghi e batteri nella fermentazione

La fermentazione delle fave di cacao è il momento in cui la natura, attraverso i microrganismi, compie il suo lavoro più delicato. All’inizio, nelle prime 24 ore, entrano in gioco batteri come quelli del genere Erwinia, capaci di avviare la trasformazione del seme. Poi, man mano che il processo avanza, fanno la loro comparsa gli Acetobacter, che producono acidi organici e guidano la fermentazione verso nuove fasi.

In parallelo, i lieviti (soprattutto del genere Saccharomyces) interagiscono con i batteri, contribuendo a produrre alcoli e composti aromatici che influenzeranno direttamente il sapore del cioccolato. Il risultato di questa danza microbica è una successione precisa: ogni comunità apre la strada alla successiva, modificando l’ambiente e rendendolo adatto a nuovi protagonisti.

Così il pH scende, la temperatura sale, e nel frattempo si accumulano molecole che lasciano impronte indelebili. Si tratta di acidi, alcoli e sostanze volatili che, combinandosi, danno vita a note sensoriali uniche: dal legno chiaro al caramello, dai fiori al succo di canna da zucchero.

Questi composti non si limitano a smussare l’amarezza naturale del cacao, ma aggiungono complessità, profondità e ricchezza al gusto. Senza il contributo di funghi e batteri, il cioccolato non sarebbe altro che un seme amaro e poco interessante: è durante la fermentazione che prende corpo il suo profilo aromatico più riconoscibile e irresistibile.

Un processo da controllare

La fermentazione delle fave di cacao, così come avviene oggi, è in gran parte spontanea. I microbi provengono dall’ambiente, dalla frutta circostante, dalle mani dei coltivatori, e questo rende il processo affascinante ma anche imprevedibile. Due fermentazioni, anche a pochi chilometri di distanza, possono produrre cioccolati molto diversi tra loro. Per chi cerca qualità costante, questo è un limite evidente.

Ecco perché lo studio apre prospettive inedite: i ricercatori hanno dimostrato che si può pensare a un sistema di fermentazione guidata, basato su comunità microbiche selezionate e riproducibili, capaci di generare sempre lo stesso livello di complessità aromatica. È un approccio simile a quello adottato da secoli nella produzione di birra e formaggio, dove starter batterici e fungini sono indispensabili per garantire identità e coerenza.

Non si tratta solo di stabilizzare il gusto: questa via apre la possibilità di "progettare" nuovi aromi, di modulare il profilo sensoriale del cioccolato in modi oggi difficili da immaginare. Potremmo un giorno assaggiare tavolette nate da consorzi microbici su misura, studiate per esaltare una nota floreale o per intensificare un retrogusto fruttato. Il futuro del cioccolato, insomma, potrebbe essere scritto non solo dal cacao, ma dalla regia invisibile dei batteri che ne guidano la trasformazione.

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