È proprio vero: l'uva diventa molto più dolce dopo le gelate
Dopo le gelate, l'uva diventa più dolce: non è un'impressione, ma un processo del tutto naturale messo in atto dal frutto stesso per difendersi dal freddo.
Le gelate sono temute da gran parte dei viticoltori e il motivo è da ricollegare anche al fatto che l’uva, dopo un intenso abbassamento delle temperature, diventa più dolce. Un fenomeno naturale, che per quanti amano il sapore molto zuccherino del frutto potrebbe sembrare tutt’altro che controproducente.
Perché l’uva diventa più dolce dopo le gelate?
Negli ultimi anni, a causa del cambiamento climatico, la vendemmia anticipata sta diventando la norma. Ritardare la raccolta dell’uva mette a rischio di forti piogge, grandine, gelate e quant’altro, eventi che vanno a rovinare il frutto e a cambiare il gusto, la consistenza e le proprietà aromatiche del nettare di Bacco. Concentrandoci sull’aspetto zuccherino, perché accade?
Bisogna considerare che l’uva è matura quando raggiunge il picco di dolcezza, la complessità aromatica e il bilanciamento tra acidi e zuccheri. Pur esistendo diverse fasi di maturazione, dopo le gelate i chicchi diventano più dolci. Questo avviene perché il frutto mette in atto una sorta di meccanismo di difesa per cercare di sopravvivere al freddo intenso.
L’uva, infatti, è composta prevalentemente da acqua. Quando sopraggiungono le gelate, il frutto espelle in automatico il liquido in eccesso, così da non congelare e cristallizzare. Allo stesso tempo, per creare energia aggiuntiva e resistere a temperature estreme aumenta il suo contenuto zuccherino. Di conseguenza, passate le gelate i chicchi appaiono più piccoli, in quanto contengono meno liquidi, e maggiormente dolci.
Bisogna considerare che l’acino acerbo è ricco di acidi e povero di zucchero. Man mano che la maturazione va avanti, la quantità di acidi diminuisce e lo zucchero aumenta. Quindi più l’uva è matura, più zucchero contiene. Tutto ciò viene amplificato nel momento in cui si verificano le gelate.
Vino del ghiaccio
Anche se la maggior parte dei viticoltori temono il freddo eccessivo, ce ne sono alcuni che non vedono l’ora che arrivino gelate e temperature più che rigide. Stiamo parlando dei produttori del vino del ghiaccio, un nettare pregiato, raro e molto costoso. Qualcuno lo chiama icewine, altri eiswein o vin du glace, ma il succo non cambia: il nettare di Bacco si ottiene quando il termometro scende sotto lo zero.
Non stupisce, quindi, che quasi tutti i vigneti si trovino in Paesi come il Canada, la Germania e l’Austria. L’uva, invece che essere raccolta all’inizio dell’autunno, viene lasciata sulla pianta fino a dicembre o gennaio, così da esporla al gelo. Per maturare occorre una temperatura tra gli 8 e i 10 gradi sottozero.
È particolare anche la vendemmia, che avviene solo a mano nelle ore più fredde, ossia di notte o all’alba, e la pressatura, veloce e sempre a temperature bassissime. Maturazione allungata e gelo consentono di ottenere un’uva molto, molto zuccherina. Bisogna considerare che la quantità di succo estratto corrisponde a circa un quinto di quello che si ottiene normalmente dalla pigiatura, perciò è una specie di succo concentrato.
Il primo vino del ghiaccio è nato in Germania, nel lontano 1794, quasi per errore. Quell’anno fece molto freddo e i grappoli ghiacciarono. Per non sprecare il raccolto, i produttori provarono comunque a vendemmiare e, con grande stupore, ottennero un nettare ottimo, perfino più buono di quello delle annate più miti. Pian piano il mercato si è esteso, mai eccessivamente, soprattutto per le temperature, la particolarità della vendemmia e la scarsa resa del prodotto finale.