Il grocery tourism è una tendenza: perché piace e quali supermercati scoprire all'estero?
Il grocery tourism racconta un modo nuovo e autentico di esplorare una città, dove ogni acquisto alimentare diventa occasione per conoscere culture, abitudini e sapori del posto. Ma dove andare per subirne il fascino?
C’è chi colleziona magneti, chi va a caccia di scorci instagrammabili, chi non rinuncia mai al museo d’arte contemporanea. E poi ci sono loro, anzi, noi: i viaggiatori che, appena arrivati in un paese nuovo, puntano dritti al supermercato. Non per un’urgenza, ma per un desiderio preciso, consapevole, quasi rituale: per il grocery tourism, tendenza che fino a qualche anno fa era senza nome ma che trasforma la spesa in esplorazione culturale.
Le corsie di un market diventano un racconto fatto di gusti, etichette, abitudini quotidiane. Un modo autentico di conoscere un luogo attraverso quello che mangia, vende e sceglie. Se anche tu sei tentato dall’idea di mettere in valigia non solo souvenir, ma anche biscotti locali, spezie introvabili e salse misteriose, qui sotto trovi qualche dritta per viverlo al meglio.
- Cos'è davvero il grocery tourism?
- Perché oggi ne parliamo di più?
- Quali negozi e supermercati scoprire per vivere bene il grocery tourism?
- I market tipici da cercare e scoprire
- Come mai piace?
Cos’è davvero il grocery tourism?
Per chi volesse una "nozione", all’atto pratico il grocery tourism è il gesto di entrare in un supermercato all’estero e iniziare a esplorarlo. È molto più di un giro per gli acquisti: si osservano i prodotti, le abitudini dei locali, si leggono le etichette e si fotografano stranezze. Questa abitudine era già comunissima in passato, quando nonni (e bisnonni) si recavano in viaggio e, al posto del solito souvenir, portavano in dono quel pacchetto di caramelle esotico o quel barattolino di cibo precotto che faceva discutere o sorridere.
Oggi si è solo "evoluto", trasformandosi in un modo preciso e consapevole di esplorare un luogo attraverso i suoi gesti quotidiani: quelli che si compiono tra gli scaffali. Non ha niente a che fare con la fretta o la necessità. È una scelta, spesso persino un rituale: entrare in un supermercato locale, cartina alla mano o senza meta, per osservare, confrontare, lasciarsi incuriosire da prodotti che in patria nemmeno esistono.
Perché oggi ne parliamo di più?
La ragione per cui se ne sta parlando di più sono… i social, naturalmente. Grazie ai post su Instagram e TikTok, l’ingresso nei market e nei supermarket locali non è più solo una stranezza da raccontare agli amici al ritorno da un viaggio, ma un vero e proprio fenomeno culturale che ha trovato visibilità, nome e cittadinanza mediatica. Oggi il grocery tourism ha conquistato uno spazio tutto suo nelle pagine dei magazine, nei video virali sui social e persino nei discorsi più seri su come stia cambiando il nostro modo di viaggiare.
Tra uno swipe e l’altro, su TikTok in particolare è possibile osservare centinaia di creator che mostrano cosa si trova nei supermercati del Giappone, della Grecia, della Corea o di Londra, trasformando l’esperienza della spesa in un contenuto appetibile e curioso. Non si tratta più solo di comprare cibo, ma di un’esplorazione lenta e curiosa che permette di leggere un luogo attraverso i suoi prodotti da banco frigo, i biscotti locali, le etichette colorate dei detersivi. Il supermercato, insomma, diventa racconto. E il grocery tourism un nuovo linguaggio per interpretare il mondo.
Quali negozi e supermercati scoprire per vivere bene il grocery tourism?
La risposta breve sarebbe: tutti, purché siano autentici. Ma se vogliamo vivere davvero il grocery tourism come esperienza culturale e sensoriale, vale la pena scegliere con cura. I grandi ipermercati possono essere sorprendenti per varietà e prodotti di largo consumo, ma è in alcuni luoghi specifici che si trovano le sfumature più interessanti:
- piccoli alimentari a gestione familiare, dove ogni prodotto racconta una storia personale e territoriale;
- store di provincia, fuori dai circuiti turistici principali, dove l’offerta segue davvero le abitudini della gente del posto;
- catene regionali, spesso trascurate dai turisti ma ricche di prodotti tipici e dettagli che parlano del quotidiano.
È proprio fra queste opzioni che si annidano i dettagli che raccontano una comunità: il tipo di pane in vendita, la frutta esposta fuori dal negozio, le offerte scritte a mano, i vasetti artigianali accanto alle marche note.
Suggerimenti di catene da visitare in giro per il mondo
Parlando delle grandi o medie catene locali, è da sottolineare che possono sicuramente offrire uno sguardo interessante sulla cultura del posto. Non sono tutte uguali: ognuna riflette il gusto, lo stile di vita e le abitudini alimentari della regione in cui nasce e si sviluppa. Qualche suggerimento:
- Edeka, in Germania: fra i prodotti più curiosi ci sono le birre artigianali regionali, i formaggi affumicati e gli scaffali dedicati esclusivamente a salse, senapi e conserve locali;
- Waitrose, nel Regno Unito: è il regno della spesa raffinata, con ready meal dai gusti british-chic e interi banchi dedicati ai tè e ai biscotti da tea time;
- Bonpreu, in Catalogna: espone con orgoglio salumi locali, pane a lievitazione naturale e una grande varietà di prodotti catalani DOP, perfetti per uno spuntino da portare in viaggio;
- Barcelo, a Maiorca: qui si trovano prodotti iconici come l’ensaimada fresca confezionata, liquori isolani e conserve di fichi e mandorle del territorio;
- Migros, in Svizzera: ogni cantone ha una sua sfumatura nei prodotti, ma in generale si trovano ottimi cioccolati, yogurt regionali e i celebri Rösti pronti da cucinare;
- Seijo Ishii, in Giappone: una catena di fascia medio-alta, dove è facile imbattersi in snack rari, miscele di tè pregiati, dolci a base di matcha e bento box ben curati;
- Publix, in Florida: celebre per i suoi "Pub Subs" (panini preparati al momento), ma anche per le salse barbecue regionali e le sezioni dedicate ai prodotti etnici locali;
- No Frills, in Canada: una catena economica ma molto amata, dove si trovano mix per pancake, maple syrup a prezzi onesti e prodotti tipici delle varie province;
- SuperValu, in Irlanda: interessante per le birre artigianali locali, i formaggi irlandesi e gli scaffali dedicati alla colazione tradizionale con black pudding e scones;
- Coles, in Australia: offre un mix tra importazioni internazionali e ingredienti locali come il Vegemite, le spezie native e snack a base di frutta secca australiana;
- Mercadona, in Spagna: perfetto per immergersi nella routine spagnola, con tortilla già pronte, croquetas surgelate e salse come alioli e mojo picón;
- Willy:s, in Svezia: da non perdere i reparti di dolciumi confezionati, aringhe in barattolo e pane ai cereali scandinavo, oltre a numerosi prodotti bio;
- Billa, in Austria e Europa centrale: molto forte sui latticini e sulla pasticceria da banco, propone anche snack salati locali, salse agrodolci e dolci da colazione mitteleuropei.
Entrare in uno di questi supermercati significa osservare da vicino come mangiano, cucinano e si organizzano le persone del posto. Un dettaglio dopo l’altro, si compone un piccolo atlante gastronomico fatto di scaffali.
I market tipici da cercare e scoprire
In alcuni paesi, esistono parole precise per indicare piccoli market che fanno parte della vita quotidiana. Non sono semplici negozi, ma istituzioni locali, con un’identità forte e riconoscibile. Visitarli significa immergersi davvero nella cultura del posto, a partire dai gesti più semplici.
- Konbini, in Giappone: aperti giorno e notte, ordinati, puliti e pieni di proposte stagionali, dai bento ai dolci confezionati con cura maniacale;
- Bodega, a New York e in altre città USA: piccoli negozi di quartiere, spesso gestiti da famiglie latine, dove si trova di tutto, compresi sandwich iconici e birre fredde a qualsiasi ora;
- Dépanneur, in Québec: simbolo urbano della spesa veloce, vendono snack, vino, latte, quotidiani e sono spesso tappe fisse anche solo per fare due chiacchiere;
- Späti, a Berlino: aperti fino a tarda notte, perfetti per una birra al volo, una cioccolata tedesca o uno snack tipico dopo le 22;
- Tiendita, in Messico e America Latina: piccolissimi negozi di quartiere, con patatine locali, dolci tradizionali, salse e bibite dai colori accesi;
- Alimentation générale, in Francia: il classico negozio "sous chez toi", spesso a gestione familiare o multietnica, con baguette, formaggi e prodotti da banco;
- Kiosk, in Germania e Scandinavia: un ibrido tra edicola e market, dove si trovano caramelle, riviste, birre regionali e snack confezionati locali.
Questi luoghi parlano la lingua della quotidianità. Visitandoli, si capisce subito come vive davvero chi abita lì. Basta uno scaffale per sentirsi meno turisti e un po’ più dentro. In generale, però, un altro buon consiglio è cercare negozi etnici nei grandi centri urbani o convenience store nei paesi asiatici, dove la vita passa veloce ma lascia sempre traccia.
Come mai piace?
Ma come mai il grocery tourism sta ricevendo tutto questo plauso? E cosa ci porta, effettivamente, ad avere la curiosità di spulciare fra prodotti alimentari e barattoli di conserve in altri Paesi? Semplice: perché passa dalla pancia. Piace perché è concreto, accessibile, spontaneo. Non serve prenotare, non serve conoscere: basta entrare, osservare e lasciarsi guidare dalla curiosità, dall’olfatto, dai colori, dalla voglia di assaggiare. È un modo semplice ma potente per viaggiare attraverso i sapori, i profumi, le immagni.
Ogni vasetto, ogni biscotto confezionato, ogni spezia comprata in un paese diverso dal proprio racconta qualcosa. È come mettere in valigia un pezzo di quella cultura, ma in forma commestibile. Il turismo da supermercato funziona perché mette insieme il piacere di mangiare con quello di scoprire. Perché parte dal cibo, ma finisce per parlare anche di casa, di abitudini, di storie.