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Il culto del tè in Giappone

Il tè in Giappone diviene presto oggetto quasi di culto al punto che vengono definite regole ben precise sia sul modo di prepararlo che per il cerimoniale relativo alla sua degustazione. Il culto del tè in Giappone

Insieme a molte altre consuetudini i giapponesi appresero dai loro vicini cinesi anche l’uso ed il culto del tè.

Una prima notizia risale al periodo Nara ( 709-784 ), Ma i primi a fare ricorso alla nuova bevanda furono alcuni sacerdoti buddisti, che l’assunsero per cura.

Su larga scala le prime conversioni si ebbero durante il periodo Heian ( 784-1185 ), mentre la coltivazione, si diffuse solo per periodo Kamakura ( ovvero dal 1192 ), quando il sacerdote buddista Eisai Myoan portò dalla Cina nuove sementi.

Il culto del tè, ossia il chado, conobbe la sua massima diffusione solo nell’epoca Tokugawa ( 1600-1867).
Il primo segno di una cultura del tè si ha però con il fondatore della setta Tendai che piantò nei pressi di Kyoto le piante di tè che aveva portato dalla Cina.

Per quanto concerne invece la cerimonia del tè, si fà invece il nome del sacerdote buddista Muso Kokushi, che, avendo ricevuto in dono un daisu cinese (una sorta di mobiletto a scomparti che da quel momento fu adibito alla sistemazione degli strumenti relativi all’uso del tè), lo utilizzò appunto per la preparazione del tè, dando inizio alla codificazione del rito.

Nel 1564 le regole vennero fissate secondo la forma classica del celebre maestro del tè Sen No Soeki che su di una parete dell’anticamera della casa del tè ha lasciato queste sue regole:

– “Il segno di inizio viene dato da un colpo di gong, quando gli ospiti entrano nell’anticamera e tutti i partecipanti si riuniscono insieme”

– “Solo nel momento dedicato alla purificazione della mente si può cogliere l’essenza della dottrina”

– “Gli ospiti entrano nella sala quando il padrone di casa fa la sua comparsa ed invita i presenti a farsi innanzi”

– “Gli ospiti fanno il secondo ingresso ( nella sala del tè ) quando l’acqua posta sul fuoco sibila come il vento tra i pini e si ode un rintocco di campana”

– “La riunione non deve superare le 2 ore (ovvero 4 delle nostre ore) ma non è male se questo tempo viene superato con discorsi sul buddismo”

Queste, ma anche altre, furono le regole da seguirsi per il cerimoniale del tè, pratica ancora oggi molto diffuso in tutto il Giappone.

Chanoyu, ovvero la cerimonia del tè, significa in senso stretto “acqua bollente per il tè“.
In teoria la cerimonia si può svolgere in qualsiasi luogo, ma in pratica si predilige destinare una stanza particolare, definita “il giardino del tè”.

la stanza è modesta ma tranquilla, il giardino è piccolo ma ben curato. La conversazione fra gli amici è intima e cortese. Ci si riunisce in molti ma con poca spesa.

In Giappone esistono delle scuole per insegnare le manieri cortesie le buone regole della cerimonia del tè, scuola che al termine del corso rilascia un regolare attestato.

Naturalmente questa scuola non fornisce alcunché di professionale, non esistono dei maestri del tè pagati, ma avervi partecipato conferisce grande prestigio e rispetto.

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